CENTRO DI PEDAGOGIA CLINICA

Il legame tra Empatia ed Intelligenza

L’empatia, comunemente definita come la capacità di mettersi nei panni degli altri, e considerata come una sorta di dote innata, in realtà è una vera e propria competenza molto importante da sviluppare, sicuramente indispensabile per certe professioni, come, solo per fare degli esempi, quella dell’insegnante, dello psicologo, dell’educatore, del pedagogista, dell’oss, ecc., ma in verità utile a tutti, perché ci permette di relazionarci meglio all’altro, di assumere prospettive differenti e quindi di avere una mente più flessibile…Empatia ed intelligenza hanno un legame che sveleremo nel corso dell’articolo…

Buona lettura!

La teoria spaziale dell’empatia

Berthoz, fisiologo francese, ha elaborato una “teoria spaziale” (Berthoz, 2011) intorno al concetto di empatia, secondo cui essa sarebbe la base dello sviluppo del pensiero cognitivo, e già qui possiamo scorgere un primo motivo del perchè ritengo che vi sia un legame tra empatia ed intelligenza. 

Innanzitutto egli distingue tra Simpatia ed Empatia, riferendosi alla prima come generalmente, ci riferiamo invece alla seconda: simpatia consiste nell’identificarci nell’altro, guardando però ancora dal nostro punto di vista, sentendo in noi i sentimenti che immaginiamo stia provando l’altro, subendo cioè un contagio emozionale (Berthoz, 2013). Siamo invece empatici quando siamo in grado di adottare il punto di vista altrui, di capire ciò che l’altro prova, ma inibendo il trasporto delle emozioni, ovvero il contagio emozionale. L’empatia pertanto è un’operazione complessa e ragionata, di manipolazione dei riferimenti spaziali. Anche Gardner con la sua teoria delle intelligenze multiple parla di l’intelligenza spaziale, ed ecco dunque spiegato uno dei motivi che vedono un legame tra empatia con ed intelligenza.

Per applicare l’empatia dobbiamo avere consapevolezza del nostro schema corporeo e della sua relazione con l’esterno, consapevolezza del corpo dell’altro e della sua relazione con l’esterno, avendo idea di ciò che lui sente a livello emotivo e percepisce, e non di ciò che proveremo noi al suo posto; la prospettiva adottata supera sia l’egocentrismo che l’autocentrismo per diventare allocentrica, ovvero una prospettiva che coglie “me e l’altro visti dal di fuori, immersi nell’ambiente.

Tutto questo richiede l’attivazione di una moltitudine di meccanismi cerebrali.

L’empatia è alla base dell’intersoggettività e ci permette non solo di metterci nei panni degli altri, ma di adattarci al compito in base all’ambiente e alla situazione nella quale siamo coinvolti divenendo parte costituente di un pensiero razionale efficace. Ed ecco che emerge nuovamente il legame tra empatia ed intelligenza.

La visione del mondo egocentrica del bambino

 Il bambino inizialmente interpreta la realtà che lo circonda secondo una visione egocentrica, ovvero attribuisce i suoi sentimenti, sensazioni, reazioni fisiologiche, anche a ciò che è altro da lui, non solo in riferimento a persone, ma anche ad animali e oggetti, come i suoi peluche, il sole, le nuvole, le piante. Egli guarda al mondo con Simpatia, secondo la definizione che ne abbiamo appena dato.

Un po’ alla volta il bambino innanzitutto esce da una visione “animistica” del mondo, cioè comprende che gli oggetti non sono esseri viventi e perciò non sono senzienti, e poi impara anche a “decentrarsi”, comprendendo che la “prospettiva” degli altri non è necessariamente uguale alla sua, e ciò non tanto per quanto riguarda i sentimenti, almeno inizialmente, ma in senso, appunto spaziale.

Della prospettiva egocentrica del bambino ne ha dato prova Jean Piaget con l’esperimento delle “tre montagne”:

L’ esperimento di Piaget

Jean Piaget, uno dei padri fondatori della psicologia dello sviluppo, ha mostrato in che cosa consiste il pensiero egocentrico del bambino attraverso l’esperimento delle tre montagne:

un bambino viene posto di fronte un plastico che rappresenta tre montagne diverse, mentre lo sperimentatore si pone dal lato opposto. Il bambino a cui viene chiesto di scegliere quale delle tre immagini raffiguranti la montagna stia vedendo in quel momento, è in grado di scegliere quella corretta, non è però in grado di fare altrettanto quando lo sperimentatore gli chiede di scegliere l’immagine vista da lui, che sta dall’altro lato del plastico. Questo è dovuto proprio all’immaturità cognitiva del bambino.

“[…] il bambino deve fare un’operazione di decentramento, passare da una “percezione egocentrica” ad una “percezione allocentrica”, trovare una “scorciatoia”, inibendo il cammino abituale (Berthoz & Jorland, 2004). La capacità di manipolare questi percorsi mentali è alla base della nostra capacità di pensare, è un meccanismo fondamentale per lo sviluppo del pensiero e per la costruzione del nostro rapporto con il mondo e con gli altri.” (Sibilio, 2013 cap. 5, par. 5.4).

Empatia, corpo, relazioni

Nel momento in cui l’empatia si configura come capacità cognitiva, che si sviluppa attraverso una maturazione cerebrale, appare il nesso esistente tra il copro, che può essere allenato ad una capacità sempre maggiore e più fluida di muoversi nello spazio, e una capacità più “immaginativa”, sviluppata attraverso la narrazione di altri mondi, di altre culture: la simulazione e il racconto, permettono all’individuo di immedesimarsi in altre storie, in altre vite, in altri esseri umani, ampliando i propri orizzonti di riferimento sia in senso spaziale che culturale ed affettivo, sviluppando l’empatia.

…In questa direzione stanno andando per esempio, le ricerche sui videogame didattici di simulazione, che appunto permettono all’alunno di sperimentare ed immedesimarsi in altre realtà…Ma stiamo andando fuori tema, perciò di questo vi parlerò magari in un altro articolo…

L’empatia è anche alla base del pensiero creativo, ovvero il pensiero flessibile per antonomasia. Non a caso gli artisti, persone creative per eccellenza, si dice anche che siano persone dalla spiccata sensibilità. Anche la creatività è una forma di intelligenza!

Qui però si rischia di cadere nel cliché della persona sensibile (ed empatica) come incline alla sofferenza, invece, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, l’empatia è una capacità che l’essere umano può sfruttare a proprio vantaggio per “funzionare” meglio nei rapporti interpersonali comprendendone a fondo le dinamiche.

Empatia e pensiero razionale

L’empatia è propria del pensiero razionale: una persona intelligente è capace di flessibilità, dunque di cambiare prospettiva, interpretando l’ambiente sociale in cui si trova. Più si è in grado di cogliere le diverse sfumature dell’ambiente, più l’individuo ha la capacità di adattarsi in una moltitudine di situazioni, più aumentano le sue possibilità di scelta. L’intelligenza non si identifica solamente con l’abilità scientifica e matematica. Possiamo avere individui estremamente bravi a far di conto, ma disadattati nella società perché non in grado di relazionarsi agli altri.

Va tenuto presente inoltre, che ci sono delle finestre temporali, che corrisponderebbero, secondo gli studiosi, all’età tra i sei e i sette anni, e successivamente tra i dodici e i tredici, entro cui l’essere umano deve acquisire la capacità di cambiare prospettiva, altrimenti sarà in seguito incapace di una mente flessibile e accogliente della diversità, rimanendo al contrario bloccato in una visione egocentrica del mondo, compromettendo la capacità di entrare in relazione con gli altri.

Dunque una mente empatica, è anche una mente intelligente, secondo il concetto di intelligenza come il più potente strumento di adattamento proprio dell’essere umano.

Infatti più siamo in grado di capire e interpretare il linguaggio, i simboli, le relazioni che intercorrono tra esseri umani e tra esseri umani e l’ambiente che ci circonda, più siamo in grado di “sfruttarlo” a nostro vantaggio, riuscendo ad individuare ciò che ci fa stare bene e riuscendo a stringere relazioni appaganti con le persone, proprio per la capacità di entrare in relazione, capendo l’altro, i suoi stati d’animo, i suoi bisogni.

Supportare lo sviluppo dell’empatia a scuola

A scuola l’empatia può essere sviluppata, non tanto tramite un insegnamento nozionistico, ma facendo riflettere l’alunno, portandolo a scoprire “nuovi mondi”, nuove realtà, nuovi simboli, modi diversi di interpretare il mondo, attraverso l’approccio a nuove culture, attraverso la narrazione dove, per effetto dei neuroni specchio, l’alunno può immedesimarsi per comprendere. Questa è l’intelligenza di cui abbiamo bisogno oggi: un’intelligenza empatica!

La realtà non è una, esistono diverse realtà tante quante sono le culture che ci circondano.

Conoscere nuove realtà porta l’allievo allo stupore e alla meraviglia, lo porta alla curiosità verso l’altro piuttosto che alla diffidenza. L’allievo può così conoscere altre storie in cui rispecchiarsi, sentendosi meno solo.

Nella diversità del mondo c’è spazio per la diversità di ciascuno, e poiché la diversità non è l’eccezione, ma la regola, possiamo sentirci tutti meno soli e “uguali” nella “diversità”.

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