CENTRO DI PEDAGOGIA CLINICA

Le emozioni a scuola contano?

Oggi vorrei portare degli approfondimenti sul tema “caldo” delle emozioni in ambito scolastico.

Ve lo svelo subito: le emozioni a scuola contano eccome!

Negli ultimi tempi si parla moltissimo di educazione emozionale, nello stesso tempo, sono ancora in molti a non avere un’idea concreta del motivo per il quale sia giusto e addirittura doveroso, occuparsi di emozioni ed affettività a scuola.

E se per caso ve lo chiedete, la risposta è sì, anche in quest’ambito è possibile riportare delle evidenze scientifiche!

 

Dunque se site curiosi, leggete qui sotto

 

Buona lettura ; )

Ma le emozioni a scuola contano?

Le emozioni a scuola contano moltissimo, infatti l’apprendimento, come vedremo, è strettamente collegato alle emozioni.

Ciò che rende lo sviluppo emotivo fondamentale è che:

– Esso costituisce la base per lo sviluppo del sé e dell’intelligenza sociale, rendendo l’essere umano competente rispetto le richieste della società è capace di entrare in relazione con gli altri.

– La parte emotiva in realtà non è in antitesi con quella razionale, anzi le due collaborano per permettere alla persona di prendere decisioni. Ce lo racconta Antonio Damasio con il caso di Elliot:

Il caso di Elliot: emozioni e ragione nel processo decisionale

Elliot era un paziente di Damasio, al quale era stato asportato un tumore vicino al lobo frontale del cervello, andando a ledere il collegamento tra la corteccia razionale e il sistema emotivo interno. Dopo l’intervento Elliot era divenuto patologicamente incapace di compiere qualsiasi genere di decisione, dalle più superficiali, come la scelta delle scarpe da indossare, alle più complesse. Elliot non aveva deficit intellettivi: movimento, linguaggio, memoria, ragionamento ecc., tutto funzionava a dovere. Quello che però risultava compromesso, oltre all’incapacità prendere decisioni, era l’aspetto emotivo. Di qualsiasi cosa si trattasse: il racconto della sua storia di sofferenza, la visione di immagini forti, ascoltare musica, Elliot appariva sempre distaccato. 

Ciò che era accaduto fu che insieme all’esportazione di parte del lobo frontale, era andata perduta la possibilità d’influenza degli stati emotivi sulle scelte del soggetto.

La maggior parte delle nostre scelte, dal 70% al 90% è guidata dalle emozioni. Il cervello razionale non fa altro che razionalizzare quello che il cervello emotivo ha già deciso di fare. Il livello di sostanze chimiche nel corpo, neuromodulatori come: la serotonina, la dopamina, il cortisolo, definiscono la nostra capacità e propensione a prendere quelle decisioni di pancia, in modo più o meno bilanciato.

La parte del cervello tolta ad Elliot aveva la funzione di integrare le emozioni viscerali nel processo decisionale. La spinta emozionale è ciò che ci aiuta a sbilanciarci in una decisione.

Avete ancora dubbi sul fatto che “le emozioni a scuola contano”? Continuate a leggere…

Goleman la definisce “saggezza emozionale”. Per la maggior parte della nostra giornata ci troviamo ad agire per intuizione, la quale funge da anello di connessione tra ragione, sentimento viscerale e saggezza emozionale, ed è piena di dati e memorie di vita vissuta, tanto da renderla estremamente efficiente nel trovare soluzioni. Queste soluzioni si definiscono “euristiche del pensiero”, scorciatoie cognitive che permettono di produrre giudizi e inferenze molto veloci, incredibilmente utili nelle situazioni di incertezza quotidiana. (I Bias cognitivi invece sono euristiche inefficaci, pregiudizi astratti che non si generano su dati di realtà, ma si acquisiscono a priori senza critica o giudizio).

Una corretta educazione emozionale dunque ci insegna a capire come funzioniamo e a leggere accuratamente sia la nostra parte razionale che quella viscerale.

 Vi consiglio la visione di questo video YouTube di Just Mick, spiega molto bene e in modo divertente la connessione tra ragione ed emozioni:  https://www.youtube.com/watch?v=XtxYeMEli8g

In che modo le emozioni incidono sull’apprendimento?

Cerchiamo di capire meglio perché “le emozioni a scuola contano”. Quando si apprende qualcosa, non soltanto nel contesto scolastico, ma nel quotidiano, (basti anche solo pensare al bambino che apprende che mettendo una mano sul fuoco si scotta) più l’emozione sarà forte, più tenderemo a ricordare ciò che abbiamo imparato;

 nell’ambito scolastico vale la regola per cui ciò che viene trasmesso attraverso stimoli positivi, viene ricordato meglio di ciò che l’allievo subisce con una dose troppo elevata di frustrazione e di senso di impotenza.

 …Tanto per fare un esempio chiaro a tutti, scommetto che molti hanno un rifiuto verso la matematica a causa di insegnanti che l’hanno fatta odiare…

 Invece, se una lezione avviene in un clima positivostimolantecooperativo, con la giusta dose di “frustrazione” (la dose giusta è quella che spinge l’individuo a voler venire a capo di un determinato problema e/o quesito con curiosità, motivazione e voglia di scoprire), ovvero che avviene rispettando la soglia di sviluppo prossimale*, quei concetti saranno appresi e ricordati con più facilità, al contrario quell’insegnamento che avviene in un clima negativo, scoraggiante, preoccupante, costituirà un qualcosa da evitare, perché evocativo di qualcosa di spiacevole, e quindi dimenticato.

 Grazie agli studi scientifici delle neuroscienze ormai è assodato che in classe è importane non solo lavorare sui contenuti delle lezioni, ma anche creare un clima positivo e collaborativo.

 (*La soglia di sviluppo prossimale è quel confine tra quello che il bambino sa già fare e quello che invece non sa ancora, ma può fare con l’aiuto dell’adulto. Quindi un livello di difficoltà adeguato, non troppo elevato.)

Come funzionano le emozioni a livello fisiologico

Le emozioni si manifestano attraverso il corpo, le espressioni del volto, la postura, e attraverso i gesti:

 “La gioia, la tristezza, l’amore, la paura… diventano nell’immediatezza un gesto veloce, lento, dolce, forte” (Paloma, 2013)

 Lo stimolo che suscita l’emozione, viene elaborato a livello psicosomatico, producendo una risposta fisiologica (accelerazione del battito cardiaco, tensione muscolare, sudorazione, ecc.) che prepara l’individuo ad agire in risposta all’emozione provata: se è paura il corpo si preparerà alla fuga, se è rabbia si preparerà all’attacco, se è felicità si preparerà all’accoglienza e alla vicinanza, e così via.

Si tratta dei meccanismi della sopravvivenza, legati al sistema difensivo (emozione spiacevole–>pericolo–>fuga dallo stimolo) e al sistema appetitivo (emozione piacevole–>sessualità, cura, gioco–>avvicinamento allo stimolo).

Tali circuiti (difensivo e appetitivo) sono iscritti nel sistema nervoso centrale, influenzando tutte le aree del cervello, compresi i centri del pensiero. (Goleman, 1996; 1999, cit. in Rosa, De Vita, 2017).

I meccanismi di sopravvivenza, imponendo che le esperienze che provocano sofferenza vengano evitate, fanno sì che il ricordo legato ad un’emozione negativa (senso di colpa, ansia, vergogna), venga rimosso. È così che, se i processi di apprendimento avvengono sulla scia di emozioni negative, col passare del tempo, essi vengono dimenticati, provocando quello che Lucangeli definisce “cortocircuito emozionale”. Per ottenere invece apprendimenti duraturi e significativi, essi devono associarsi ad emozioni positive, che il sistema di sopravvivenza ricerca invece di rifuggire.

Direi che a questo punto non dovrebbero esserci dubbi sul perché le emozioni a scuola contano!

 “La “memoria della paura” (Lucangeli, 2019, pp. 16-17) è considerata un alert nel sistema neurofisiologico che ci conduce alla protezione per non rischiare di sperimentare ancora quell’emozione spiacevole, spesso presente a scuola o nei luoghi degli apprendimenti.” (Benelli, 2020).

La teoria della Warm-Cognition

L’intelligenza intellige al meglio quando è felice” Daniela Lucangeli.

 Secondo Daniela Lucangeli, mentre il bambino apprende, l’informazione viene archiviata nella memoria semantica, e l’emozione che ha accompagnato quel processo di apprendimento viene collocata nella memoria autobiografica. Quando il bambino andrà a recuperare dalla memoria l’informazione appresa, emergerà anche l’emozione che l’accompagna. Se l’informazione è stata appresa sperimentando paura, nel tentativo di ricordare l’informazione riemergerà anche quell’emozione, generando quello che Lucangeli definisce “Cortocircuito emozionale”. A lungo andare questo meccanismo genererà senso di inadeguatezza e diminuzione di autostima ed autoefficacia (Rosa; De Vita, 2017), determinando il senso di impotenza appresa ed influenzando negativamente tutti i futuri apprendimenti. 

Pertanto secondo Lucangeli, è necessario riacquisire il “diritto di sbagliare” (Benelli, 2020) senza demonizzare o stigmatizzare l’errore.

Per questo si dice che “sbagliando s’impara”: l’errore è un indicatore prezioso per farci comprendere se stiamo andando nella giusta direzione, ed è fondamentale a ritarare metodo d’insegnamento e/o di studio.

Emozioni ed empatia

 Alla base della capacità di provare e comprendere le emozioni c’è l’empatia, facoltà per cui l’uomo è in grado di leggere le emozioni altrui, ma anche di assumere diverse prospettive, comprendendo anche la logica alla base dei modi di comportarsi delle persone.

E indovinate un po’ dove risiede a livello neurologico la capacità empatica? Nei neuroni specchio (ne abbiamo parlato anche in questo articolo (allenare la motricità per potenziare il linguaggio) A proposito di sviluppo linguistico e motorio.

 Il docente dovrebbe coltivare la capacità empatica al pari delle sue conoscenze epistemologiche come competenza indispensabile a comprendere meglio gli studenti e il loro modo di “funzionare” a livello cognitivo, motivazionale, affettivo e rispetto la loro autostima; sapendo inoltre, individuare eventuali problemi di apprendimento e Bisogni Educativi Speciali, affrontandoli senza perdere di vista il benessere dell’allievo nella sua globalità.

È indispensabile tenere a mente oltretutto, che i neuroni specchio sono responsabili di quello che Lucangeli definisce “contagio emotivo”, ovvero la trasmissione dell’emozione che proviamo alle persone che entrano in contatto con noi in un ambiente.

Perciò l’insegnante è tenuto a porre attenzione al proprio stato emotivo e ai propri atteggiamenti, con la profonda consapevolezza dell’influenza che avrà sui suoi allievi e sul clima affettivo ed emotivo della classe.

Emozioni ed autostima

Le emozioni possono modificare i processi di apprendimento e la capacità personale di accoglierle ed elaborarle dipende dalla rilevanza di un ambiente d’apprendimento ottimale(Berthoz, 2003; Damasio, 1994; Edelman, 1993; Le Doux, 1996) […]” (Rosa, De Vita, 2017).  

 Lavorando sulla comprensione delle emozioni e sulla capacità di attribuire i propri vissuti alle giuste cause, si lavora anche sull’autostima, ovvero sulle fondamentadella percezione che si avrà di sé nel corso della vita adulta. 

Un’immagine di sé positiva, contribuisce alla strutturazione di una personalità dinamica e forte, in grado di reagire con determinazione alle difficoltà della vita quotidiana e favorisce nel bambino un buon adattamento sociale ed emozionale, lo aiuta ad affrontare meglio i problemi e ad avere un buon rendimento scolastico”. (Lodi, Barbieri, Buiani, Seghi, 2014).

Se il discente avrà un’autostima adeguata, sarà anche in grado di attribuire adeguatamente la causa dei propri insuccessi, senza ritenere di avere dentro di sé caratteristiche immodificabili, quali scarsa intelligenza, o di essere “sbagliato”; ed eviterà anche di attribuire i risultati alla sfortuna o alla difficoltà del compito, ovvero non riterrà le cause degli insuccessi scolastici legate a fattori fuori dal proprio controllo, bensì avrà fiducia nelle proprie capacità e nella propria possibilità di migliorare.

Emozioni ed inclusione

Se vogliamo essere capaci di vivere in una società sempre più globale e multiculturale,  dobbiamo favorire lo sviluppo della capacità empatica. Il diverso da me, per rispecchiamento o per differenza, mi permette di comprendere più a fondo me stesso, le mie capacità, i miei limiti; mi permette forse, anche di accettare meglio che io sia diverso dagli altri, in un mondo che per certi aspetti, ci vorrebbe tutti uguali e tutti conformati. Accettando la diversità tutti possono trovare un loro spazio nella società, e tutti possono trarre beneficio dalla diversità altrui. Bisogna però saperla riconoscere, accettare, valorizzare, cosa che può fare solo una mente flessibile ed empatica.

Nella progettazione didattica dovrebbero trovare spazio le peculiarità culturali, gli stili cognitivi, le personalità, le emozioni, costruendo sentimenti di appartenenza e inclusione, e accrescendo l’autostima degli allievi.

Quindi direi che sì, le emozioni a scuola contano moltissimo!

Se ti fa piacere, lasciami una tua riflessione

A presto,

Alice

 

 

Bibliografia:

BENELLI C., (2020). Per una “pedagogia delle carezze”. Da Eric Berne a Daniela Lucangeli. Rivista italiana di educazione familiare, 1, pp. 97 – 112.

DAMASIO A. R., L’errore di Cartesio, Adelphi Edizioni S.P.A., Milano, 1995.

LODI D., BARBIERI M., BUIANI M., SEGHI G., Corporeità e difficoltà di apprendimento. Motricità e successo educativo, La Scuola, Brescia, 2014.

PALOMA F. G., Embodied Cognitive Science. Atti incarnati della didattica, Nuova Cultura, Roma, 2013.

ROSA R., DE VITA T., (2017). Corporeità, affettività, emozione e cognizione nei processi di apprendimento. Giornale italiano di educazione alla salute, sport e didattica inclusiva, 1, 3.

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